CASTEL GANDOLFO

Cittadina del Lazio, in provincia di Roma; sorge nei colli Albani, sull'orlo del grande cratere che racchiude il Lago Albano.

Edificato sul sito che ospitò probabilmente l'antica Alba Longa, di cui non restano tracce, la città prende il nome dalla famiglia romana dei Gandolfi che, nel XII secolo vi fece costruire un castello, attorno al quale si sviluppò il borgo.

Il castello passò poi alla famiglia dei Savelli e nel 1956 fu ceduta alla Santa Sede.

Dal 1929, anno dei patti lateranensi, anche il Palazzo Papale, La Villa Barberini e La Villa Cybo, godono di diritti di extraterritorialità.

Il Palazzo Papale fu iniziato nel 1624 da Carlo Maderno, (poi rimaneggiato) per Papa Urbano VIII, che lo destinò a residenza pontificia estiva, ancora oggi frequentata. All’interno della residenza sono visibili i resti della villa dell’Imperatore Domiziano; nella quale sono presenti alcuni splendidi monumenti come Il Ninfeo Dorico, e i Bagni di Diana.

Dal 1934 in poi, Il Palazzo Pontificio ospita la Specola Vaticana, importante osservatorio astronomico, e possiede una vasta biblioteca contenente ben 22.000 volumi e una collezione di meteoriti di grande rilievo.

L’economia locale si basa soprattutto sull’agricoltura (frutta, vite) sulla produzione di vino e sulle attività turistiche.

Nella città sono presenti, oltre al Palazzo Pontificio e ai suoi monumenti interni, anche la chiesa di S. Tommaso da Villanova del Bernini e la fontana, sempre del medesimo scultore, che attraggono molti turisti.

Ai piedi del paese si apre il pittoresco Lago Albano, di antica origine vulcanica.


 

IL LAGO ALBANO

 Il lago rappresenta  uno dei tre crateri che  costituivano, nell'Era Quaternaria, il Vulcano Laziale.

Durante l'eruzione vulcanica, il materiale eruttivo, in parte si accumulò formando dei rilievi a forma conica e in parte sprofondò, creando delle conche che, grazie alle acque piovane e a sorgenti naturali,  con il passar dei secoli, favorirono la formazione del lago. Le genti Latine che si insediarono in prossimità del Sacro Monte Albano, chiamarono il lago con il suo nome. Anche le acque erano viste come sacre, perché fungevano da rifugio durante i periodi di siccità.

Uno (o forse più villaggi) sorsero lungo le rive. Numerosi sono i reperti archeologici ritrovati che dimostrano l'esistenza di un villaggio con abitazioni costruite su palafitte, sulla terraferma e  anche su terreno bonificato.

Gli studi effettuati, fanno presupporre che sulla riva sud-est (sotto il Sacro Monte Albano), esistesse un vero e proprio centro religioso arcaico dell'Età Ellenistica. I reperti archeologici ritrovati lo dimostrano; trattasi di pilastri ornati con semicolonne in opera reticolata, ninfei e  ornamenti caratteristici dei luoghi di culto.

Il Lago veniva alimentato da sorgenti  proprie, mentre l'acqua defluiva dall'Emissario Romano (396 a.C.), colossale opera la cui realizzazione fu collegata  alla leggenda dell'oracolo di Delfi.

Le  numerose scoperte archeologiche, dimostrano l'esistenza passata di splendide ville (forse otto) con relativi moli e porticcioli che successivamente furono presumibilmente inglobate nell'impero. L'esistenza di questi moli fa presupporre che le acque del lago non venivano  solcate solo dalle flottiglie usate per le "naumachie", ma anche da imbarcazioni che trasportavano  merci (destinate alle ville) e passeggeri.

Nel tempo il Lago Albano è stato sempre considerato, grazie alla vegetazione  spontanea (castagno, quercia roverella, leccio, nocciolo) alla flora (anemoni, ranuncoli, asperule) e alla fauna (scoiattoli, ricci, anatre, anguille, trote, tinche, tartarughe) la perla dei Castelli.

Con l'avvento del progresso e l'incremento del turismo (anche a seguito dei Giochi Olimpici del 1960, in occasione dei quali è stato realizzato il traforo che attraversa la parete del cratere), il paesaggio è notevolmente cambiato, pur mantenendo il fascino che lo contraddistingue e grazie anche all'occhio vigile del Parco dei Castelli Romani, che ha come obiettivo la rivalutazione e la salvaguardia di queste zone così vicine alla Roma moderna ma così integre nel loro aspetto ambientale.

Il vulcano laziale

Circa 5 milioni di anni fa, la struttura dell’Appennino Laziale si era ormai formata, con il sollevamento e la deformazione della piattaforma carbonatica Laziale-Abbruzzese e del contiguo bacino pelagico Umbro-Marchigiano.

L’evoluzione di tale ambiente venne poi profondamente modificata dall’inizio dell’attività vulcanica dei Colli Albani iniziata circa 730.000 anni fa.

La forma attuale dei rilievi Albani si discosta molto dall’immagine che i più hanno di un vulcano.

Questo dipende dal fatto che il complesso vulcanico dei colli Albani deriva dalla sovrapposizione di più centri eruttivi sviluppatesi durante tre fasi principali di attività, la prima fase, compresa tra 630.000-360.000 anni fa, è caratterizzata dall’emissione di un imponente volume di prodotti vulcanici, circa 80 km, in almeno quattro cicli esplosivi e colate laviche alla fine dell’attività.

Il primo deposito vulcanico è noto come "Tufo Pisolitico" e si estende ad ovest da Roma a Pomezia.

Il secondo ciclo esplosivo è iniziato circa 528.000-487.000 anni fa ed è durato circa fino a 340.000 anni fa.

Durante questa fase l’accumulo di lava e materiali solidi intorno al condotto formò l’edificio principale del complesso vulcanico dei Colli Albani, un ampio strato vulcanico che si estende per circa 150 km e alto alcune centinaia di metri.

A sud-est i suoi prodotti si attestavano ai piedi dei Monti Prenestini, dei Monti Tiburtini e dei Monti Lepini, mentre nei settori ovest e nord-ovest raggiungevano la costa tirrenica e l’attuale valle del fiume Tevere.

I vulcanologi hanno denominato questo edificio vulcanico "Tuscolano-Artemisio" poiché i monti Tuscolani e il monte Artemisio sono le principali testimonianze morfologiche dell’antico conico.

Per riconoscere questo edificio nelle morfologie attuali è necessario immaginare un ampio cratere aperto alla sua sommità che via via si allarga a causa delle violente esplosioni e dei ripetuti collassi.

Alla fine di questo periodo la caldera raggiungeva un diametro superiore ai 10 km.

La forma quindi era quella di un ampio recinto che può essere facilmente seguito partendo da Frascati e spostandosi ad est attraverso il Muscolo e Rocca priora, lungo i rilievi che risalgono da 500 a 800 m.

Superata Rocca Priora il recinto si dirige verso sud e poi verso sud-ovest lungo la sua parte più continua e meglio conservata (Monte Peschio, Maschio di Lariano, Monte Artemisio).

Non lontano da questi rilievi, il margine si interrompe, poiché un vasto settore è stato quasi completamente distrutto dalle esplosioni successive e responsabili delle formazione delle depressioni di Albano, Nemi, Ariccia ecc.

Per tale motivo la cinta del Tuscolano-Artemisio presenta una forma a ferro di cavallo aperta ad ovest ed a sud-ovest.

Alla fine della fase del Tuscolano-Artemisio, il vulcano laziale era un imponente cono troncato alla sua sommità da una caldera di circa 10 km di diametro e profonda per una centinaia di metri.

Dopo un breve intervallo di tempo l’attività riprese all’interno dell’area collassata.

Tale attività colmò il fondale della caldera. Contemporaneamente un nuovo edificio si formò nella zona centrale elevandosi di 500 m dal fondo.

Questo edificio detto della "FAETE" ha un cratere di 1.5 km di diametro noto come Campi di Annibale.

L’attività del complesso vulcanico dei colli Albani si chiude con la terza fase in cui si verificano eruzioni dai crateri eccentrici del settore occidentale.

Successivamente l’attività si spostò più a nord, ad Albano, in cui si verificarono almeno 4 cicli esplosivi.

I famosi laghi di Albano e Nemi sono dovuti al riempimento di questi crateri da parte delle acque drenate dalla falda superficiale.

Le ultime tracce di attività nell’area dei Colli Albani, sono rappresentate da una continua e diffusa sismicità caratterizzata da una serie di piccole scosse "sciami" con ipocentri molto superficiali e dalle sporadiche sorgenti minerali fredde sparse nell’area (Tivoli e Lavinio).

L’emissario del lago Albano

L’emissario del Lago Albano si può considerare senz’altro una delle più antiche e grandiose opere di ingegneria idraulica realizzata dagli antichi romani.

Dopo 2.400 anni ancora funziona ed assolve egregiamente il compito di stabilizzare il livello delle acque del lago e di fornire acqua per l’irrigazione dei campi sul versante nord-occidentale del cratere del lago.

Fu scavato e aperto nella viva massa di peperino nel 398 a.C. dai romani durante l’assedio di Veio.

Secondo quanto narra Tito Livio, i Romani decisero l’ardita opera di scavo seguendo l’oracolo di Delfi che aveva sentenziato la caduta della città di Veio solo quando le acque del Lago Albano avessero raggiunto il mare senza straripare dai bordi del cratere.

La lunghezza della galleria che funge da emissario e di circa 1.350 m., mentre la sua altezza varia dai 100 cm. nella parte più stretta ai 180 cm.

Questa sbocca nella parte opposta della strada Appia, in località "Le Mole".

next.gif (28065 byte)